Emirati Arabi Uniti. Decine di aziende italiane al secondo Business Forum organizzato nel più grande degli emirati.Il secondo appuntamento di “Abu Dhabi-Milano Business Forum”, organizzato nella capitale emiratina da Efg Consulting insieme alla camera di commercio locale, si è concluso con un’esibizione di puro Italian Stile: In passerella hanno sfilato le morbide sete colorate di Lidia Cardinale, storica sartoria bresciana; le sofisticate linee geometriche di Chicca Lualdi; la preziosa collezione di Inga Savits, designer estone di calzature che vive e produce in Italia.
“Non bisogna esportare solo un prodotto, ma un modo di vivere, emozioni di cui sono parte integrante il cibo, design, cultura. Per questo abbiamo chiuso il forum con la sfilata di moda” spiega Giovanni Bozzetti, presidente di Efg Consulting, che ha guidato 46 società italiane nella capitale degli Emirati Arabi Uniti per due giorni di fitti incontri B2B. “Per il Made in Italy-continua-esiste una propensione marginale alla spesa superiore a qualsiasi altro prodotto”.
Tra le imprese in missione, oltre a nomi noti di finanza, arredo e costruzioni, c’erano start-up del food, come ‘a Pizza di Maurizio Ramirez, realtà napoletana che surgela e spedisce pizze gourmet; una multinazionale tascabile dell’automotive, Sae-Smb Industries, specializzata in assali per rimorchi; un’azienda costruttrice di piscine, la bresciana Baires.
Referente unico per l’Italia della Camera di commercio di Abu Dhabi, Bozzetti conosce l’area dal 2001 e ha visto crescere la volontà di emergere della capitale degli Emirati: “Musei, parchi tematici, turismo. Abu Dhabi punta molto sull’attività di marketing territoriale per attrarre investitori”. Sicurezza, stabilità politica, burocrazia snella, vantaggi fiscali e posizione geografica, che la rende un ottimo hub per la logistica, sono i suoi vantaggi. La concorrenza, come ovunque, è agguerrita ma l’Italia occupa un posto speciale. Per entrare in questo mercato bisogna coltivare con attenzione le relazione interpersonali. “Quando un emiratino prende un impegno guardando l’interlocutore negli occhi e stringendogli la mano, si può stare sicuri che non cambierà idea”, dice Bozzetti.
L’area vive una fase di vivace trasformazione, pianificata con cura dal principe ereditario Mohammed bin Zayed al Nahyan per traghettare i sette emirati oltre la dipendenza dal petrolio. L’obiettivo, ambizioso, è far crescere l’economia non petrolifera a tassi tra il 6 e l’8 per cento annui (a fronte di un tasso complessivo del ¾%) in modo che nel 2030 il settore non-oil diventi il 65% del totale. Oggi il greggio e i suoi prodotti coprono ancora il 51%, sia pure in costante discesa, a causa della crisi.
Abu Dhabi, scrigno dell’oro nero e cassaforte degli Emirati, è rimasta defilata, oscurata dalla notorietà di Dubai, distante solo 140 chilometri. “Dubai ha iniziato molto prima” spiega Liborio Stellino, ambasciatore italiano negli Emirati Arabi Uniti, ma la capitale emiratina sta recuperando a passi veloci, grazie alla potenza accumulata con il petrolio, nonostante la crisi degli ultimi anni. La Abu Dhabi investment Autority è il secondo più grande fondo sovrano al mondo, con circa 700 miliardi di dollari di asset. “Negli ultimi tredici mesi qui sono venuti almeno dieci esponenti del governo italiano”, ricorda Stellino. Dopo la prima missione di sistema dedicata alle start-up, è allo studio un’apposita piattaforma per le imprese non mature.
Le importazioni totali degli emirati ammontano a 213 miliardi di dollari e “l’Italia figura nella top ten dei Paesi esportatori verso gli Eau tanto che il numero delle società italiane operanti negli emirati è cresciuto dalle 200 del 2011 alle otre 600 del 2015” ha sottolineato durante il forum Ebraheem Al Mahmood, vicepresidente della Camera di Commercio di Abu Dhabi. L’Italia, con 6,2 miliardi di euro, è al settimo posto tra gli esportatori dopo giganti come Cina, India, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone.
L’invito, adesso, è a consolidare la presenza nell’area passando dall’export agli investimenti, sfruttando le opportunità delle zone speciali che offrono un nutrito elenco di benefici agli operatori internazionali.
Tra le zone più interessanti spiccano Khalifa (Kizad), Masdar e Media Zone Twofour 54.
Le esenzioni fiscali e l’assenza di dazi rendono le zone speciali molto convenienti per esportare in Medio Oriente, Africa, Asia, aprendo l’accesso a una regione di oltre 350 milioni di persone. “Al fine di diversificare l’economia – ha spiegato Al Mahmood – il governo di Abu Dhabi vuole dare impulso a una serie di industrie: aerospaziale, aviazione, difesa, farmaceutica, biotecnologie, turismo, sanità, istruzione, trasporti, servizi finanziari, e telecomunicazioni. Ci aspettiamo che questi settori realizzino una crescita di oltre il 7,5% nei prossimi anni”. Gli investimenti diretti esteri sono aumentati dell’8,6% nel 2015, a 24,2 miliardi di dollari. E alle porte c’è Expo Dubai 2020, ulteriore volano della crescita.
DI ROBERTA MIRAGLIA. PUBBLICATO SU IL SOLE 24 ORE IL 16 / 12 / 2016