In un tempo nemmeno troppo lontano il compito primario di una pentola era quello di cucinare, mentre un paio di calzini dovevano servire a tenere caldi i piedi e stop. Oggi invece basta un aggettivo anteposto all’oggetto in questione per trasformarlo in “smart”, ovvero “intelligente” per chi mastica l’inglese. Benvenuti nell’era dell’Internet of things, che nella traduzione italiana diventa Internet delle cose (ma sono ammessi anche i due acronimi IoE e IoT), dove ogni dispositivo tecnologico è connesso alla Rete mediante sensori e chip, permettendo così a ciascuno di noi di interagire con quello che lo circonda, che siano gli elettrodomestici di casa, l’auto in garage o l’orologio al polso.
Secondo le previsioni della società di analisi Gartner, entro la fine dell’anno saranno 4,9 miliardi gli oggetti connessi alla Rete in tutto il mondo, ma entro il 2020 il numero dovrebbe quintuplicarsi, con una particolare attenzione a salute, fitness e sicurezza della casa, per un giro d’affari complessivo stimato in 5 miliardi di dollari per il 2015, ma destinato a diventare dieci volte maggiore nei prossimi cinque anni, mentre secondo un rapporto del McKinsey Global Institute il potenziale impatto economico da qui al 2025 sarà compreso fra i 4 mila e gli 11 mila miliardi di dollari. Come detto, per ora si tratta di stime, ma visti i campi di applicazione pressoché infiniti, che l’Internet delle cose sia destinato a diventare una realtà quotidiana in tempi brevi non lo mette in dubbio nessuno: casomai, resta da capire la risposta del pubblico di fronte al proliferare di questi oggetti dalla spiccata vocazione digitale.
Risposta che, a giudicare dalla ricerca condotta lo scorso anno dall’agenzia Acquity Group, sembra decisamente meno entusiasta rispetto a quella delle aziende, come conferma quell’87% di intervistati (su 2000 partecipanti) che ha ammesso di non aver mai sentito parlare di Internet delle cose, mentre il 30% ha confessato di possedere un dispositivo che rientra nella categoria smart, ma di non sapere che fosse un IoT. Insomma, la strada da percorrere è ancora lunga e gli ostacoli da evitare almeno due: ovvero, la privacy e la sicurezza. Nel primo caso, il pericolo è la manipolazione delle informazioni, che potrebbe avere ripercussioni per quanto riguarda il trattamento dei dati personali, mentre nel secondo caso la questione riguarda la vulnerabilità dei dispositivi stessi, che potrebbero facilmente diventare oggetto degli attacchi dei cyber criminali.
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