Ottimizzazione della produttività, questa la nuova sfida che le aziende italiane sono chiamate ad affrontare per restare competitive nel campo del Global Luxury. Nell’ultimo decennio il settore della moda ha infatti registrato una crescita senza eguali, con un aumento della domanda di 70 miliardi di euro nell’ultimo quinquennio (pari al 30% del totale) grazie soprattutto all’apertura di nuovi mercati (uno su tutti, la Cina, con un +20% per quanto riguarda gli arrivi di nuovi compratori in Italia) e allo sviluppo della rete distributiva (dove l’hanno fatta da padrone i negozi monomarca e i nuovi canali come outlet, travel retail e online).
Ed è in quest’ottica di miglioramento delle performance, con conseguente crescita della redditività, che si spiega anche il successo sul mercato borsistico delle aziende tricolori operanti nell’ambito del Fashion & Luxury, con un valore totale che si attesta all’8% e pone l’Italia al secondo posto a livello europeo, dopo la Francia. Come detto, ad aiutare la crescita esponenziale del settore Moda hanno di certo contribuito anche gli “shopper internazionali” che – com’è emerso dall’indagine presentata nel corso del convegno “Moda&Lusso, il momento delle scelte” – oggi spendono in media cinque volte in più degli “shopper locali” e il trend sembra destinato a crescere ulteriormente.
E a conferma di quanto Fashion & Luxury fungano da importante traino per l’economia del nostro Paese è arrivata la consacrazione da parte del mondo politico, con l’annuncio – dato dal viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, sempre durante i lavori del 20° Convegno Pambianco (quest’anno in partnership con Deutsche Bank) – che il Governo sta lavorando ad un piano per favorire il settore Moda ed allineare così l’Italia agli altri Paesi, attraverso “un coordinamento che permetta una maggior centralizzazione in termini di gestione delle sinergie, del calendario, delle fiere e dei rapporti coi buyer”.