“Abu Dhabi è oggi una straordinaria opportunità d’investimento per la ristorazione italiana.” Lo spiega a Identità Golose Giovanni Bozzetti, fondatore e presidente di Efg Consulting.
Abu Dhabi chiama Italia, e in particolare sembra chiamare i nostri chef. Lo spiega a Identità Golose Giovanni Bozzetti, già assessore a Milano e ora fondatore e presidente di Efg Consulting, società che accompagna la crescita delle realtà d’impresa nazionali negli Emirati. Ha organizzato qualche giorno fa il primo Milano-Abu Dhabi Business Forum e ha invitato anche Identità, perché il food è potenzialmente una parte importante del business tricolore nel Golfo.
Bozzetti è referente unico per l’Italia della Camera di Commercio di Abu Dhabi. Spiega: «L’Italia è un brand che funziona. Riscontriamo sul mercato emiratino una propensione marginale alla spesa che premia il prodotto made in Italy, soprattutto in settori come il fashion, il design, la jewellery, la meccanica di precisione. E il food». Ci sono grandi opportunità da sfruttare, ancora inoptate.
Le stesse rilevate appunto al Forum da Efg Consulting. Efg, società di consulenza strategica per l’internazionalizzazione nel Medio Oriente, che rappresenta una possibilità per le aziende italiane di mettersi in mostra e aprirsi al mercato del golfo arabo con reciproci investimenti.
A Milano oltre a Bozzetti, c’erano molti tra i vertici economici dell’Emirato, e poi tante nostre aziende (da Boscolo e Bulgari Hotel, alle pizzerie milanesi Spontini, dalla prestigiosa gastronomia Peck, ai Fratelli Rossetti, da Immobiliare Percassi allaBanca Popolare di Sondrio e al Fondo Quercus, da Chateau D’Ax a Uno Più, solo per citarne alcune).
Abu Dhabi significa la più grande realtà petrolifera del Golfo. Il valore del settore era stimato in 128 miliardi di dollari nel 2014, in calo dell’8,5% rispetto ai 140 del 2013. Il contributo del settore petrolifero all’economia nazionale è così passato dal 55% nel 2013 al 51% nel 2014. «Gli Emirati Arabi Uniti e, in particolare l’emirato di Abu Dhabi – spiega Bozzetti – sono un contesto di sviluppo per altri settori anche grazie al fatto di essere il principale hub logistico mondiale. La previsione di crescita dell’economia “non-oil” è stimata fra il 6 e l’8 per cento per i prossimi 20 anni, per arrivare al 65% nel 2030».
«Il prodotto italiano – aggiunge – gode di un largo prestigio in tutto il Paese e gli esportatori italiani possono sempre più guardare agli Emirati come un trampolino di lancio per la penetrazione commerciale in altri mercati del Golfo e del Medio Oriente, oltre che del subcontinente indiano».
Già oggi 28 aziende hanno trovato il loro sbocco, grazie a Efg Consulting. Spiega Bozzetti: «C’è molto spazio per l’alta qualità italiana. Tutti i ristoranti del mondo più “cool” sono già là, e sono pieni tutto l’anno, se si eccettua il periodo del ramadan. Eppure c’è poca Italia: a Dubai mi vengono in mente Heinz Beck (recentemente ne abbiamo parlato qui), Cipriani, Bice e pochi altri. Ad Abu Dhabi poco o nulla», ma proprio qui si riscontrano le migliori potenzialità, qui c’è il potere politico, l’emirato occupa i due terzi del territorio degli EAU e rappresenta il 90% dell’estrazione petrolifera. «Abu Dhabi è un po’ indietro rispetto a Dubai rispetto all’offerta ristorativa. Quindi, c’è solo possibilità di migliorare».
«La sicurezza nell’investire ad Abu Dhabi in particolare – sottolinea Bozzetti – è data anche dal fatto che l’emirato è sede di uno dei principali fondi sovrani a livello mondiale: ogni anno, circa il 70% di qualsiasi avanzo del bilancio statale viene devoluto all’Abu Dhabi Investment Authority, il secondo più grande fondo sovrano al mondo, con 773 miliardi di asset a partire dal 2015 e investimenti diversificati. Negli ultimi 5 anni gli investimenti diretti esteri ad Abu Dhabi sono arrivati a circa 30 miliardi di dollari».
Bozzetti indica due settori di sviluppo del food, in particolare. Ristoranti italiani che aprano una loro sede nell’emirato, anche in franchising. E poi scuole di cucina. «Abbiamo ricevuto precise richieste in questo senso dalle autorità di Abu Dhabi. Il format giusto è l’alta qualità ma non pretenziosa né complessa, come può essere un ristorante francese». Manca solo il timbro tricolore.