Vi raccontiamo, in esclusiva, il Padiglione Italia a Expo 2020 Dubai, attualmente in costruzione. La prima Esposizione Universale nel mondo arabo (1° ottobre 2021 – 31 marzo 2022) sarà l’occasione di una ripresa e riaffermazione dell’Italia in tutte le sue declinazioni di ingegno e know how sul tema della sostenibilità.
Rimandata di un anno a causa della pandemia, la prima Esposizione Universale nel mondo arabo aprirà i battenti il 1 ottobre 2021 e rimarrà aperta fino al 31 marzo 2022. Sotto il claim “La Bellezza unisce le Persone”, i materiali con i quali è rivestito e allestito il Padiglione Italia, frutto di creatività, ricerca avanzata e innovazione made in Italy, interpretano il concetto più generale dell’atteso evento globale che è “Connecting minds, creating the future” (“Connettere le menti, per creare il futuro”). In esclusiva, sul numero di INTERNI attualmente in edicola e su internimagazine.it, la preview nelle voci narranti di Davide Rampello (il curatore artistico), Carlo Ratti e Italo Rota (i progettisti).
Alla fine, tutto torna (testo di Davide Rampello)
“Tutto ciò che riguarda l’abitare su questo pianeta ha a che fare con la materia. Dalla notte dei tempi l’umanità si è ingegnata a esprimere la propria creatività in mille forme e modi, anche con fatica, perché stimolata da necessità di sopravvivenza nell’adattamento all’ambiente. Il nostro racconto parte da qui, da una visione corale che riporta l’attenzione sui materiali del progetto, da quelli primordiali di 6000 anni fa a quelli contemporanei di sperimentazione avanzata, che includono materie organiche, di scarto alimentare e verdi.
Perché se oggi l’ambiente chiede con urgenza di essere preservato, rispettato e valorizzato per ritrovare armonia, bellezza e non diventare sterile, quindi impossibilitato a nutrirci, non solo di grano ma anche di aria non inquinata o di acqua non avvelenata, non possiamo dimenticare quanto di buono è già stato fatto da chi, prima di noi, ha saputo vedere, interpretare e declinare i materiali alla bisogna. Noi ora applichiamo tutti i saperi della chimica, della fisica, della meccanica, della tecnologia all’utilizzo di materie prime anche riciclate, dalle bucce d’arancia al caffè, ma la logica di un’economia circolare non è nuova.
La racconta la storia dell’umanità. L’uomo l’ha sempre seguita, fino a quando non ha perso il rispetto sacrale della natura, sulla quale nella cultura greca e latina sovraintendevano dèi e ninfee e in quella romana cristiana un unico Dio. E fino a quando non ha trascurato il valore fondamentale della cultura contadina, che da sempre è esperienza e sapienza del fare in un’ottica di ottimizzazione delle risorse. Già le nostre nonne mettevano i fondi di caffè nei vasi di fiori come fertilizzanti e le bucce d’arancia nel compostaggio perché la terra diventasse humus. E guardando la pecora e il suo pelo, il pastore ha imparato a tosarla e sgrassarla, fino ad arrivare al filo. Questo, intrecciato con un altro filo, si è trasformato in tessuto robusto per coprirci e ripararci dal freddo, ma è diventato anche corda, e da lì legante che tiene insieme impalcature e architetture.
Forse non tutti ricordano che il nome traliccio con cui siamo soliti denominare le strutture metalliche che sostengono l’alta tensione, in origine indicava un tipo di tessuto formato da tre tipi di fili – resistentissimo proprio perché chiamato a portare pesi. Poi dall’ingegno dell’uomo sono nate le stoffe e nell’intreccio tessiture incredibili che sono poemi, metafore, racconti. La tessitura è una delle arti più antiche che ha suggerito modalità di vita, restituendo trame e orditi in cui si inscrive anche il concetto di comunità e di città, se pensiamo che il cardo e il decumano romani altro non sono che una sua esemplificazione. Dal canto nostro, di tessitura parlano i meravigliosi arazzi che all’interno del Padiglione diventano elementi di filtro tra le zone, decoro e narrazione durante il percorso espositivo.
Un’altra storia straordinaria è quella della pietra tagliata a secco, che si riconduce a un altro tipo di tessitura – quella muraria. Quando il contadino ha tolto i sassi dalla terra che doveva arare, li ha accumulati in modo funzionale alle necessità del momento. Ha imparato che ogni territorio ha tipi di pietre peculiari e che lui poteva disporle per realizzare muretti contenitivi, terrazzamenti, confini di proprietà, ma anche strutturarle a configurare una stalla, un nuraghe, i muri dei giardini panteschi o un’abitazione. I muretti a secco sono dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Noi li useremo come memoria e citazione della nostra cultura mediterranea per delimitare il terrazzo belvedere del Padiglione.
Tessitura e pietra sono le due dimensioni primordiali della ricerca sui materiali che, reinterpretati, troveranno a Dubai altri meravigliosi compagni d’avventura. A partire da quel marmo di Carrara statuario bianco, dentro il quale Michelangelo ha visto una forma che è diventata un capolavoro della scultura di tutti i tempi, per arrivare al legno che è teatro della memoria, fino al vetro e alle foglie d’oro dei mosaici.
Il loro contraltare è rappresentato dalle materie frutto di sperimentazione avanzata e sinergica con partner di differenti ambiti. Con vernici assolutamente all’avanguardia nella cantieristica, che preservano da una serie di insalubrità perché sono anallergiche, abbiamo rivestito parti interne del Padiglione. Con plastiche riciclate stiamo realizzando le corde nautiche delle sue facciate atipiche. Anche questo può essere un modo per contrastare l’inquinamento dei mari. Una volta dismesso quest’uso, la plastica ritornerà infatti ad essere materia primaria e reimpiegabile con altre forme e funzioni. Poi un focus speciale è riservato alle alghe, materia viva organica, che rappresenta la contemporaneità più spinta nella ricerca del progetto. Le alghe servono da un lato a catturare CO2 e a purificare l’aria, dall’altro, essiccate e lavorate, diventano commestibili come la spirulina, o ancora possono diventare filo e tessuto. Alla fine, tutto torna”.
Naturale Artificiale (testo di Italo Rota)
“Per fare le cose in modo diverso dobbiamo solo usare un futuro che già esiste, esplorando con creatività. È interessante lavorare in modo più o meno utile con altre forme di vita e anche con le piante, cercando di capire quali relazioni intratteniamo con loro. Dal mio punto di vista, il Padiglione è una grande installazione sperimentale sul tema Naturale Artificiale, più che un’architettura in senso canonico, anche se ha le dimensioni di un edificio molto alto con una struttura sofisticatissima.
Non c’è un significato di opposizione tra materia architettonica e giardino nella sua declinazione plastic-free e bioclimatica. Da un lato c’è l’importanza del paesaggio naturale e delle specie vegetali, e la loro capacità, particolarmente evidente lungo il bacino del Mediterraneo e quindi anche all’interno del Padiglione, di penetrare tra gli elementi architettonici in maniera spontanea e non programmata, arricchendone la percezione sensoriale e il significato evocativo. Dall’altro tutto si riconduce alla produzione di neo materie, nuovi materiali che hanno un’origine organica e biologica; prevedono l’utilizzo di pigmenti derivanti da ingredienti naturali o da elementi forniti da esseri viventi; o comunque nascono attraverso una manifattura generata dalla natura con l’uso di batteri e virus che trasformano un materiale in genere di scarto da lavorazioni alimentari in una neo materia.
Certo, non è questo un processo da confondere con un riciclo, perché stiamo parlando dell’invenzione di nuovi materiali che hanno caratteristiche proprie e che un domani potranno essere riutilizzati ovunque in forme e con finalità differenti. Si tratta poi di un processo gestito dalla tecnologia che interpreta e realizza l’invenzione, prototipizzandola. Perché se vogliamo davvero avere un materiale strutturale in polvere d’arancia, dobbiamo fare un prototipo – che lo renda reale e non solo un’idea. La cosa interessante è che abbiamo cercato di integrare in questo processo di innovazione sponsorizzazioni o partnership, chiedendo alle aziende di essere partecipi della progettazione in dettaglio del Padiglione.
Una sinergia in virtù della quale loro ottengono una forte narratività e noi la possibilità di diventare pedagogici nei confronti dei visitatori, restituendo in quale ambito di innovazione si muovono. Ciascuno è infatti chiamato a costruirsi una propria visione di architettura sensoriale riflettendo, ma anche divertendosi. Basta pensare al nostro clone del David di Michelangelo, che si porta dietro una serie di innovazioni tecnologiche: il clone è il rilievo scientifico in un momento dato di qualche cosa.”
Mattone, cosa vuoi? (testo di Carlo Ratti)
“Quando si parla del rapporto tra architettura e materiali, mi viene in mente Louis Kahn, uno dei maestri del XX secolo: “Chiedete a un mattone: ‘Mattone, cosa vuoi?’ Il mattone vi risponde: ‘Vorrei un arco’”. Ecco, dietro quello stringato scambio di battute si intravede una verità senza tempo: ogni sostanza porta con sé i propri modi di espressione formale. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una proliferazione delle tecniche e dei materiali disponibili per il design, che stanno iniziando a comporre nuovi canoni formali.
Il progetto del Padiglione ItaliaperExpo Dubai testimonia il nostro impegno in questo senso. Mentre il cantiere procede verso le sue fasi finali, abbiamo iniziato a svelare un glossario di materiali sperimentali. Del resto, fare innovazione in questo campo è ben lontano da una mera scelta estetica. L’emergenza ambientale che coinvolge il nostro pianeta richiede che tutte le discipline e i settori produttivi facciano i conti con le proprie responsabilità, mettendo a punto strategie per ridurre il proprio impatto sul pianeta. Questo è valido in modo particolare per l’industria delle costruzioni, alla quale si lega una quota sostanziale dei consumi globali. Perciò il Padiglione Italia parte dalla circolarità. Un approccio che ci consente di guardare alle componenti costruttive in modo inedito.
Pensiamo a uno degli elementi che hanno definito la modernità: la plastica. Dobbiamo escluderla del tutto dai progetti dei nostri oggetti di arredo o degli edifici? Se parliamo di plastica realizzata ad hoc, io credo che ci siano pochi dubbi. Ma la logica dell’economia circolare ci indica una direzione più virtuosa. Usare la plastica resta possibile, purché si verifichino due condizioni: che sia plastica già esistente, vale a dire già riciclata, e che da subito si predispongano i modi con cui andare a riciclarla o compostarla alla fine del progetto. In altre parole, le responsabilità del designer e di tutti gli attori dell’industria si legano necessariamente all’intero ciclo di vita dei materiali.
Dobbiamo poi inserire un altro elemento nella nostra discussione: il digitale. Anche se non è presente nel glossario dei componenti del Padiglione Italia, si tratta del collante che ci consente di tenere insieme e monitorare le performance di sostanze diverse e insolite – dalle alghe al caffè, alle bucce di arancia e al micelio. Il digitale come materiale del contemporaneo, che si affianca senza soluzioni di continuità alle pietre antiche e all’arcuato mattone di Kahn.
Ed è proprio così che si apre la strada a nuove soluzioni creative, all’insegna di un’architettura interamente circolare: nata, per così dire, dalla terra, e in grado di ritornare ad essa senza lasciare tracce. Un’architettura che sfuma i confini tra naturale e artificiale, nel quadro di un’ecologia in cui tutti gli oggetti e gli elementi fisici, tra loro connessi digitalmente, estraggono dati e ci comunicano in tempo reale le condizioni dell’ambiente, consentendoci puntuali interventi di miglioramento. Dicevamo all’inizio che ogni diverso elemento materico porta con sé modi di espressione alternativi. L’attuale proliferazione di materiali costruttivi significa che nei prossimi anni assisteremo all’emergere di nuovi repertori formali.
Il Padiglione Italia rappresenta allora una straordinaria occasione di sperimentazione collaborativa. Il lavoro di squadra degli ultimi mesi, che ha coinvolto non soltanto i progettisti – lo studio CRA e Italo Rota, con Matteo Gatto e F&M Ingegneria – ma anche fornitori e maestranze, è l’inizio di un percorso importante. Alla prima esposizione universale del mondo arabo, tra i contributi della partecipazione nazionale dell’Italia ci sarà anche un approccio sperimentale al rapporto tra architettura e materiali: per un futuro urbano più sostenibile”.
Piccola guida-glossario dei materiali adottati
Acqua: impiegando un sistema messo a punto da Saba Technologies, l’umidità dell’aria viene trasformata in acqua – fino a 300 litri recuperati al giorno, anche in ambiente desertico – per andare a irrigare le piante, gli orti e i giardini botanici presenti all’interno del Padiglione. Si tratta di una tecnica innovativa con la quale immaginare scenari alternativi o complementari agli attuali processi di desalinizzazione dell’acqua.
Alghe: sono usate all’interno del Padiglione con molteplici scopi, grazie alle sperimentazioni di diverse aziende italiane. L’avveniristica installazione di Eni mette in scena uno spazio dimostrativo sui bioreattori da usare per fissare l’anidride carbonica e riscattarla in prodotti di alto valore. Gli specchi d’acqua delle coltivazioni algali di Tolo Green permettono invece di utilizzare le alghe sia per purificare l’aria (tramite bio-fissazione dell’anidride carbonica emessa dalle migliaia di visitatori dell’Expo), sia per produrre fertilizzanti naturali per gli spazi verdi del Padiglione.
Bucce d’arancia: usando arance, le cui bucce sono lasciate essiccare e ridotte in polvere, si ricava un materiale costruttivo sperimentale, con il quale applicare i principi dell’economia circolare all’architettura. Lavorate da Mapei, le bucce d’arancia sono impiegate nei rivestimenti dei percorsi sospesi e dei camminamenti all’interno dello spazio espositivo.
Caffè: è usato da Mapei come ulteriore materiale costruttivo (per una superficie complessiva di circa 1500 metri quadrati) nelle finiture dei percorsi sospesi e delle passerelle interne del Padiglione, creando un contrasto cromatico con i rivestimenti di bucce d’arancia.
Corde nautiche: prodotte con plastica riciclata, formano le spettacolari facciate del Padiglione. Si sviluppano in un complesso intreccio verticale che si estende su 27 metri di altezza e quasi 70 chilometri di lunghezza complessiva, per un equivalente di plastica riciclata pari quasi a 2 milioni di bottiglie. Realizzate in un impianto industriale in Campania attraverso un processo certificato, le corde sono sottoposte a un trattamento che le rende ignifughe. Al termine di Expo potranno di nuovo essere riutilizzate, in coerenza alla logica dell’economia circolare. Le corde come materiale non sono però presenti soltanto in facciata: all’interno dell’installazione di Eni, una serie di corde luminescenti, prodotte riciclando materiale di scarto del comparto bio-medicale, ospitano al proprio interno il liquido per la coltivazione algale.
Imbarcazioni e acciai: tra le fine del 2020 e l’inizio del 2021, la struttura esterna del Padiglione Italia progettata da CRA-Carlo Ratti Associati e Italo Rota con Matteo Gatto e F&M Ingegneria è stata completata. I 27 metri di altezza sono stati raggiunti tramite la messa in opera di oltre 150 pilastri verticali e le sovrastanti ‘onde’ di copertura: 30 travi calandrate in acciaio, di altissima complessità ingegneristica, lunghe ognuna oltre 70 metri. A coronare l’edificio saranno gli scafi di tre imbarcazioni – realizzati con il contributo di Fincantieri – i quali costituiranno la copertura del Padiglione e saranno dipinti (vedi: Vernici) per formare il più grande tricolore della storia d’Italia. È inoltre stato completato il percorso espositivo sospeso (skywalk), che permette l’accesso al Padiglione dall’alto. La parte centrale della passerella – un grande cassone strutturale di oltre 20 metri – è stata sollevata e posizionata durante una spettacolare operazione in notturna.
Legno: saranno realizzate in legno le scenografie che decoreranno gli spazi del Belvedere e del Teatro della Memoria, secondo una messa in opera in stile rinascimentale. Una serie di moduli a parete creeranno nicchie, edicole, lesene o colonne, timpani e cornicioni, soffitti a cassettoni, con rivestimenti di doghe e modanature in legno massello.
Luce: si declina con due installazioni dalla complessa geometria: i Second Sun e Second Moon, realizzati da Enel X, società del Gruppo Enel. Queste sorgenti a Led avranno una duplice funzionalità: una tradizionale per l’illuminazione dello spazio espositivo e l’altra per ricreare scenari spettacolari attraverso il mutamento della temperatura colore in base alle condizioni di luce esterne. Il Secondo Sole e la Seconda Luna, grazie a un sistema IOT, sono in grado di rilevare la quantità di persone e le emozioni impresse sui volti dei visitatori, generando un cambiamento nelle scenografie e creando un’interazione narrativa, emozionale e conoscitiva con il fruitore.
Oro: tessere oro e vetro Murano di Sicis sono alla base dei mosaici realizzati da maestri d’arte musiva nei laboratori ravennati dell’azienda. Ispirati ai tesori del Mausoleo di Galla Placidia e della Cappella Palatina di Palermo, i mosaici vanno a rivestire gli ambienti del Teatro della Memoria all’interno del Padiglione. Grazie a una tecnica compositiva brevettata, la superficie a mosaico apparirà alla vista morbida come un tessuto.
Pietre: utilizzate con sistema a spacco e applicate “a secco”, riprendono le trame costruttive tradizionali delle regioni italiane. Insieme, vanno a costituire il rivestimento del Belvedere, la struttura circolare la cui cupola è decorata da un giardino di erbe spontanee tipiche della macchia mediterranea, tra cui rosmarino, cappero, timo e felce.
Sabbia: rendendo tributo alla topografia della penisola arabica, il Padiglione poggia su una duna di sabbia. La sabbia è inoltre presente nelle pavimentazioni e nei rivestimenti dell’edificio, miscelata secondo un processo produttivo realizzato in collaborazione con Mapei.
Tessuti: una serie di tradizionali sete e fibre naturali, molte di riciclo, conservate nelle loro colorazioni originali, formano gli arazzi prodotti da Sicis. Quelli nelle aree di rappresentanza istituzionale, che riprendono anche antichi disegni del Serlio, sono composti con filati diversi e molto spessi perché supportano anche una funzione di barriera acustica. Trame e orditi ornamentali con Lettering sono poi realizzati nello spazio espositivo principale, con filati di scarto provenienti dalla lavorazione della lana di pecore sarde. Ai tessuti tecnici di Caimi, il compito invece di configurare una galleria fonica con articolate superfici di assorbimento del suono.
Verde: il suo utilizzo garantisce un miglioramento microclimatico del Padiglione. Gli allestimenti arboreo-floreali realizzati dal CNR e dal paesaggista Flavio Pollano rappresentano la biodiversità del paesaggio della Penisola, evocando le immagini dei giardini all’italiana tra orti, giardini e verde verticale. Tra le tipologie installate si trovano i Sipari Verdi sospesi: grandi strutture tridimensionali a maglia che scendono dalla copertura del Padiglione, accogliendo le zolle di oltre 20 essenze arboree. All’interno degli orti-giardino, disposti su più livelli, è prevista la coltivazione, a seconda delle stagioni, di piante officinali, legumi, alberi da frutto, agrumi, vite, ulivo, accanto a una selezione di piante in grado di fermare la desertificazione, per un totale di oltre 40 specie vegetali.
Vernici (smalti e pitture): prodotte dal Gruppo Boero, sono usate per dipingere oltre tredicimila metri quadrati di superficie tra interni ed esterni del Padiglione. All’esterno, gli smalti colorano i tre scafi della copertura, i quali, visti dall’alto, formeranno il tricolore più grande della storia d’Italia. Sui colori verde, bianco e rosso è applicata una finitura trasparente perlacea, formulata per ottenere un dinamico effetto di iridescenza della bandiera italiana. Per quanto riguarda le finiture delle aree interne, le pitture sono invece realizzate sfruttando materie prime derivanti da scarti vegetali e microalghe, che offrono un potere colorante naturale e biologico.
Testi di Davide Rampello, Carlo Ratti, Italo Rota con la collaborazione di Daniele Belleri, Francesca Grassi, Francesco Strocchio – A cura di Antonella Boisi in collaborazione con il Commissariato per la partecipazione dell’Italia a Expo 2020 Dubai#AGENDA#EXPO2020DUBAI
Source: internimagazine.com