Numeri da capogiro quelli dell’Agenda D33: 8.700 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni per rendere Dubai la migliore città del mondo in cui vivere e lavorare.
«Dubai si classificherà come uno dei, primi quattro centri finanziari globali, con un aumento degli investimenti esteri diretti di oltre 650 miliardi di dirham (177 miliardi di dollari)» entro il2033, aveva twittato lo scorso 4 gennaio lo sceicco Mohammed bin Rashid al Maktoum, vicepresidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, di cui fa parte Dubai, annunciando l’agenda D33. Si parla di somme talmente colossali da suscitare qualche perplessità. Come ha sottolineato lo stesso sceicco, «sono numeri ambiziosi, ma Dubai non è mai stata a corto di ambizioni». Si tratta di una grande opportunità anche perle imprese italiane. Ne sa qualcosa Giovanni Bozzetti, presidente di Efg Consulting, società di consulenza per l’internazionalizzazione delle imprese italiane negli EmiratiArabiUniti e referente unico della Camera di Commercio e Industria di Dubai in Italia.
Domanda. Come è nato il suo rapporto con quest’area che sembra ambire a diventare il centro del mondo?
Risposta. Frequento Dubai da più divent’anni, ho cominciato a coltivare rapporti con gli Emirati ai tempi in cui ero assessore al Comune di Milano con delega alla moda e al turismo. A proposito di centralità pochi giorni fa si è riunito il Consiglio di cooperazione del Golfo, di cui fanno parte Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Oman, Kuwait e Qatar, è ha detto che il suo obiettivo è quello di diventare la Nuova Europa del mondo.
D. Non è un po’ troppo?
R. Guardiamo agli Emirati: sono sempre stati terra di accoglienza e di scambi commerciali, non è una vocazione nata negli ultimi tempi. Lo scorso 16 febbraio è stato inaugurata ad Abu Dhabi una piazza, che verrà aperta al pubblico il primo marzo, dove insistono una moschea, una sinagoga e una chiesa cristiana, insomma le tre religioni abramitiche che qui convivono in pace.
D. E Dubai?
R. Dubai sta vivendo un momento magico da quando è cominciata la pandemia. Qui, infatti, non c’è stato lockdown. Così molti miliardari provenienti da ogni parte del mondo si sono trasferiti temporaneamente per vivere in maniera normale. Tanti di loro hanno apprezzato il posto e così hanno comprato casa e aperto attività. Ecco perché è in corso un boom immobiliare. Conl o scoppio della guerra, poi, hanno fatto lo stesso anche i miliardari russi e ucraini.
D. Perché le imprese italiane dovrebberoinvestire aDubai?
R. Perché Dubai si sta muovendo per diventare, grazie alla sua posizione geografica, l’hub economico fra l’Africa e il Sud est asiatico, ovvero le aree del mondo con le maggiori potenzialità di sviluppo economico. Di fronte alla chiusura di mercati tradizionalmente importanti per l’export del Made in Italy quali la Russia e l’Ucraina, alla stagnazione del mercato europeo e alla svolta protezionistica di Cina e Stati Uniti, per le aziende italiane è fondamentale trovare nuovi mercati di sbocco per i propri prodotti.
D. Le imprese italiane possono quindi avere successo a Dubai?
R. Gli italiani e il Made in Italy sono apprezzatissimi. Prima di tutto il padiglione italiano all.’Expo di Dubai è stato fra i più visitati e questo ha migliorato di molto la percezione e la conoscenza dell’Italia e del Made in Italy da arte degli emiratini. E poi abbiamo molte cose in comune: non tutti lo sanno, ma l’economia di Dubai è fatta di piccole e medie imprese, proprio come in Italia. L’ altro pilastro della società è la famiglia. E questo si riflette anche sugli affari: per gli emiratini, infatti, il rapporto umano è ancora preminente rispetto a qualsiasi considerazione commerciale. Senza di esso non ci sono proprio i presupposti per cominciare un rapporto d’affari.
SOURCE & CREDITS : Milano Finanza