Cresce l’interscambio tra Emirati e Italia, ma soprattutto il numero di aziende italiane che investono a Dubai come hub verso altri mercati strategici
Sono oltre 600 le imprese italiane già presenti negli Emirati Arabi Uniti che, con un valore dell’interscambio da e per l’Italia di 8,7 miliardi di euro nel 2023 (in crescita dell’8,6% rispetto al 2022), rappresentano il principale mercato di sbocco del nostro export nel Medio Oriente.
Esportiamo soprattutto macchinari, prodotti legati al lusso (abbigliamento, pelletteria, calzature, oreficeria e gioielli), prodotti per la casa e prodotti chimici, ma sempre di più si fanno starda settori come il digitale, le tecnologie e il biomedicale. Nel 2023, secondo i dati del ministero degli Esteri, le vendite di made in Italy verso gli Emirati hanno sfiorato i 6,7 miliardi di euro (contro i 6 miliardi del 2022 e i 4,8 del 2021), mentre le importazioni (soprattutto petrolio) sono sostanzialmente stabili attorno a quota 2 miliardi di euro.
Interscambio in continuo aumento
«L’interscambio è in continuo aumento – conferma Giovanni Bozzetti, presidente di EFG Consulting, la società di consulenza strategica e processi di internazionalizzazione che ha organizzato l’evento Investopia Europe a Milano in collaborazione con il ministero dell’Economia degli EAU – . Gli emiratini amano il made in Italy e gli italiani perché hanno caratteristiche simili alle loro, anche nel modo di fare impresa: ad esempio, danno molta importanza ai legami familiari, alle relazioni interpersonali e umane, che per loro sono fondamentali anche nei rapporti commerciali».
La conferma arriva dall’analisi delle quote di mercato italiane negli Emirati, di cui l’Italia è ottavo fornitore a livello globale: rispetto ai principali competitor europei, l’Italia nel 2023 è stato il secondo Paese per valore delle esportazioni, con il 2,5% di mercato, perdendo una posizione rispetto al 2022 a favore della Germania, ma le opportunità rimangono molto buone. Nei settori “classici” delle cosiddette «3F», spiega Bozzetti, ma anche in quelli legati all’hospitality, all’edilizia e alle infrastrutture, visti gli imponenti investimenti messi in campo dal governo emiratino negli ultimi anni a favore di una diverisficazione dell’economia rispetto all’Oil&Gas.
Interessante è infatti osservare i dati e le previsioni di crescita del Pil forniti dal governo: nel 2023 il valore aggiunto è aumentato del 3,4%, ma quello legato ai settori «Non-Oil» è cresciuto del 5,9%. Allo stesso modo, nel 2024, il Pil complessivo è atteso in aumento del 4,2%, mentre quello dell’industria Non-Oil del 4,7%, mentre nel 2025 il primo aumenterà del 5,2%, il secondo del 4,7%.
Un hub verso altri mercati
Un mercato dunque già di per se stesso interessante, soprattutto in una fase storica in cui la Russia è sparita dai radar delle aziende Italiane, la Cina e gli Stati Uniti rallentano, l’Europa ristagna. Ma tanto più interessante è il ruolo di “cerniera” che gli Emirati e in particolare Dubai possono giocare per le imprese interessate a investire nell’area del Golfo, in Africa e in Asia, grazie a decine di accordi commerciali bilaterali per favorire le esportazioni.
È soprattutto questo a spingere un numero crescente di aziende italiane (grandi gruppi ma anche pmi) a investire per essere presente a Dubai non solo attraverso l’esportazione di prodotti, ma anche con una presenza comemrciale o produttiva diretta.
Le strategie delle aziende
Tra questi, il gruppo Fontana, azienda brianzola specializzata nella produzione e commercializzazione di bulloneria di alta qualità, che proprio a Investopia, durante l’edizione dello scorso anno, ha siglato un accordo con l’emiratina Sigma Enterprise, società specializzata nella distribuzione di prodotti industriali: «Stiamo definendo la forma giuridica della nuova società, ma di fatto siamo già operativi con una nostra risorsa sul territorio, che ha già raccolto alcuni ordini interessanti», racconta il presidente Giuseppe Fontana. L’interesse per gli Emirati nasce dalla volontà di consolidare la propria presenza anche sul mercato mediorientale e africano. «Il mercato ha in sé interessanti potenzialità, ma per noi rappresneta soprattutto una porta d’ingresso verso altri Paesi, tra cui l’Iindia, l’Arabia Saudita e l’Africa», aggiunge l’imprenditore. Il gruppo brianzolo (oltre 900 milioni di euro di fatturato generato all’estero per il 90%, 16 impianti produttivi nel mondo e 4mila dipendenti) ha però progetti anche più ampi: «In futuro vorremmo aprire anche uno stabilimento produttivo, secondo la nostra strategia che prevede non di delocalizzare, ma di localizzare la produzione, per essere più vicini ai clienti e fornire servizi a maggiore valore aggiunto», conclude l’imprenditore.
Tra i marchi che possono vantare una presenza di lunga data negli Emirati c’è sicuramente Technogym, gruppo specializzato nelle attrezzature per palestre, centri sportivi e medici e per l’allenamento a casa, con 808 milioni di euro di fatturato nel 2023, per il 94% generato all’estero. «Siamo a Dubai da 20 anni con una filiale diretta – conferma il presidente Nerio Alessandri – in cui si trovano la boutique per i nostri clienti, uno showroom con il centro di formazione dedicato agli operatori del settore e gli uffici». Il gruppo copre negli Emirati tutti i settori di mercato, dai fitness club al mondo hospitality – il settore attualmente più importante – e, da alcuni anni a questa parte anche il settore del medicale, in forte crescita, oltre al mondo “home” delle “palestre domestiche”.
L’interesse per gli Emirati è ancora elevato: a breve il gruppo aprirà un negozio anche ad Abu Dhabi: «Il Medio Oriente è sicuramente uno dei mercati strategici per noi e per questo continueremo a investire con questo modello di una presenza radicata. La prossima tappa sarà l’Arabia Saudita», aggiunge Alessandri.
SOURCE & CREDITS: ilsole24ore.com 11 maggio 2024 a cura di Giovanna Mancini